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Art in Tuscany

Ambrogio Lorenzetti, Annunciazione, 1344, cm.127x120, Pinacoteca Nazionale, Siena

Ambrogio Lorenzetti, Annunciazione, 1344, cm.127x120, Pinacoteca Nazionale, Siena [1]



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Ambrogio Lorenzetti (Siena, 1290 circa – Siena, 1348)

   
   

Ambrogio Lorenzetti fu un pittore della scuola senese attivo dal 1317 al 1348 circa. Si formò probabilmente nella bottega di Duccio di Buoninsegna, come il fratello maggiore Pietro Lorenzetti e Simone Martini.

La Madonna di Vico l'Abate realizzata per la Chiesa di Sant'Angelo di Vico l'Abate nei pressi di San Casciano in Val di Pesa, è considerata la prima opera tra quelle attribuibili a Ambrogio Lorenzetti. È datata dall'autore nel 1319.

Il suo stile fu influenzato da quello del suo amico Simone Martini (il pittore più stimato del suo tempo), ma è più naturalistico a causa dell'influenza del suo maestro Duccio.

Ambrogio Lorenzetti divenne famoso soprattutto per gli affreschi che realizzò per il Consiglio dei Nove nel Palazzo Pubblico di Siena: L'allegoria del buon e cattivo governo nella Sala dei Nove nel Palazzo Pubblico di Siena. Gli affreschi della Sala dei Nove sono uno dei più estesi e importanti dipinti murali profani del Medioevo.
È molto notevole che Ambrogio abbia dipinto soggetti non religiosi già nel XIV secolo.
Anche due piccoli pannelli della Pinacoteca Nazionale sono stati considerati per molto tempo tra i primi esempi di pittura di paesaggio in Europa. Oggi, questi due dipinti non sono più attribuiti ad Ambrogio Lorenzetti ma al Sassetta.




    Sassetta, Città sul mare (veduta di Talamone), (1340 circa), Siena, Pinacoteca, precedentemente attribuita ad Ambrogio Lorenzetti   Stefano di Giovanni di Consolo da Cortona (Sassetta), Paesaggio con castello in riva al lago,
    Sassetta, Città sul mare (veduta di Talamone), (1340 circa), Siena, Pinacoteca, precedentemente attribuita ad Ambrogio Lorenzetti   Stefano di Giovanni di Consolo da Cortona (Sassetta), Paesaggio con castello in riva al lago, Siena, Pinacoteca, precedentemente attribuita ad Ambrogio Lorenzetti

L'allegoria del buon e cattivo governo nella Sala dei Nove

Lorenzo Ghiberti lo descrisse nei suoi Commentarii come "Maestro famosissimo et singolarissimo". Dotato di un'enorme cultura e di una grande capacità di invenzione e innovazione, ha legato il suo nome soprattutto alle Allegorie ed Effetti del Buono e del Cattivo Governo in Città e in Campagna nel Palazzo Pubblico di Siena, una sorta di manifesto o sintesi dell'etica politica del governo senese dei Nove. Questa serie di affreschi è stata oggetto di numerosi studi moderni, ma paradossalmente, la fama di questi affreschi ha in qualche modo oscurato l'attenzione rivolta alle altre sue opere. L'ultima monografia importante è apparsa nel 1958 (George Rowley, Princeton University Press), un vuoto che è stato colmato solo nel 2017 con la grande retrospettiva del suo lavoro a Siena e una nuova pubblicazione monografica.



 

Ambrogio Lorenzetti, Allegoria del Buon Governo (Allegorie van Goed Bestuur) (1338-1339), Parete di fondo della Sala dei Nove, Palazzo Pubblico, Siena

Ambrogio Lorenzetti, Allegoria del Buon Governo (Allegorie van Goed Bestuur) (1338-1339), Parete di fondo della Sala dei Nove, Palazzo Pubblico, Siena [2]

 

Le prime opere

La prima tavola di Vico l'Abate

La Madonna col Bambino proveniente dalla chiesa di Sant'Angelo di Vico l'Abate presso San Casciano Val di Pesa ed esposto oggi nel Museo di San Casciano, è considerata la prima opera tra quelle attribuibili ad Ambrogio Lorenzetti. È datata dall'autore al 1319. La tavola è totalmente diversa dalle precedenti Maestà o Madonne col Bambino di Duccio di Buoninsegna, a tal punto da far pensare che a differenza del fratello Pietro Lorenzetti e di Simone Martini, Ambrogio non si sia formato nella bottega di Duccio. La presenza di quest'opera in un paese vicino a Firenze, e le successive testimonianze che vedrebbero Ambrogio a Firenze e dintorni almeno fino al 1332, fanno altresì ritenere che Ambrogio Lorenzetti, seppure senese, ebbe una formazione più vicina a quella fiorentina di Giotto e dello scultore Arnolfo di Cambio, come è evidente nella solidità delle figure. La distanza da Giotto e dai suoi seguaci rimane comunque notevole, ponendo l'autore distante anche dalla scuola pittorica fiorentina e contribuendo far emergere nell'arte di Ambrogio Lorenzetti tratti davvero originali sin dagli esordi.

In questa tavola le fisionomie di Maria e del Bambino sono poco dolci. Le figure sono di una presenza statuaria e possente, che echeggia anche le statue di Arnolfo di Cambio. La rappresentazione della Madonna è frontale, alla maniera bizantina e ricorda le opere della seconda metà del Duecento (qualche esperto ha addirittura avanzato l'ipotesi che il committente abbia chiesto esplicitamente all'autore di richiamarsi allo stile di quel tempo). Il manto della Madonna è reso con un colore compatto e con scarsa caratterizzazione a pieghe del panneggio. I volti hanno una caratterizzazione chiaroscurale non eccelsa e il trono è un semplice seggio di legno spigoloso che riporta decorazioni geometriche, ma un'architettura ridotta ai minimi termini. Questi erano probabilmente i limiti di un pittore giovane che tuttavia conoscerà successivamente un'evoluzione vertiginosa.

Piuttosto una cosa è straordinaria già in questa tavola giovanile e anticipa quello che sarà uno dei maggiori contributi di Ambrogio nella storia dell'arte, cioè il suo vivo naturalismo nella resa dei personaggi. Le mani di Maria reggono il bambino piuttosto che attorniarlo. La mano destra è inclinata rispetto all'avambraccio a reggere la gamba destra di Gesù. Le dita di entrambe le mani non sono parallele, ma sono disposte in modo da reggere meglio l'infante. Soprattutto spicca l'indice della mano destra che ha un naturalismo funzionale al gesto mai visto prima. Il Bambino guarda la madre. I suoi polsi e lo scorcio del suo piede sinistro mostrano un bambino che si agita e scalcia come un vero infante.


 

Ambrogio Lorenzetti, Madonna col Bambino, 1319, tempera e oro su tavola, proveniente dalla Chiesa di Sant'Angelo a Vico l'Abate presso san Casciano, Museo di San Casciano

Ambrogio Lorenzetti, Madonna col Bambino, 1319, tempera e oro su tavola, proveniente dalla Chiesa di Sant'Angelo a Vico l'Abate presso san Casciano, Museo di San Casciano

Ambrogio Lorenzetti, Madonna col Bambino, 1319, Pinacoteca di Brera

Ambrogio Lorenzetti, Madonna col Bambino, 1319, Pinacoteca di Brera


 

A metà tra Firenze e Siena

Crocifisso del Carmine di Siena, dalla Chiesa di san Niccolò del Carmine di Siena, Pinacoteca nazionale, Siena
Gli anni dal 1320 al 1332 rappresentano il periodo più nebuloso della vita artistica del pittore, in quanto le opere collocate in questo arco di tempo non presentano una datazione o documentazione precisa. Sembra comunque verosimile che il pittore si dividesse tra Firenze e Siena. Un documento dell'Archivio di Stato di Firenze, che si riferisce a un debito contratto dall'artista nei confronti di un certo Meo di Lapo ed al conseguente pignoramento di una guarnacca femminile presso Nudo di Vermiglio, è datato 1321. Un altro documento attesta che entro il 1328-1330 l'artista è iscritto all'Arte dei Medici e Speziali (che a quel tempo comprendeva anche i pittori) e Lorenzo Ghiberti cita alcuni suoi affreschi di un convento agostiniano fiorentino, dipinti probabilmente tra il 1327 e il 1332. Tuttavia nel 1324 il Lorenzetti vende una piccola proprietà fondiaria per acquistare una casa a Siena e ne paga le relative gabelle e un altro documento del 1331 attesta un pagamento per una commissione del Consiglio ad un giudice collaterale del podestà di Siena.

Alcuni studiosi attribuiscono a questi anni la Madonna della Pinacoteca di Brera, la Madonna Blumenthal del Metropolitan Museum di New York, la Madonna del Latte dall'eremo agostiniano di Lecceto ed esposta oggi nel Museo diocesano di Siena, il Crocifisso, della chiesa di santa Lucia a Montenero d'Orcia presso Castel del Piano e il Crocifisso proveniente dalla chiesa del Carmine di Siena ed esposto oggi nella Pinacoteca Nazionale della stessa città. Tuttavia il consenso sulla datazione è tutt'altro che unanime presso gli studiosi, lasciando profonde incertezze.
L'opera su cui esiste un maggior consenso riguarda il Crocifisso dal Carmine di Siena su cui due terzi degli studiosi concordano per una datazione tra il 1324 e il 1331, soprattutto perché agli stessi anni risale la Pala Del Carmine del fratello Pietro, con cui Ambrogio dipingeva sempre fianco a fianco entro i confini cittadini in questi anni. L'opera, dalle dimensioni ragguardevoli è caratterizzata dalla solida e robusta voluminosità tipica della scuola toscana, ma mostra una caratterizzazione del volto, della testa ed una decorazione tipici della maniera senese, preannunciando l'opera matura del pittore.

Il Crocifisso dal Carmine di Siena,(1324 en 1331) è caratterizzato dal volume solido e robusto tipico della scuola toscana. La caratterizzazione del viso, della testa e degli ornamenti è tipica della scuola senese e preannuncia il lavoro maturo del pittore.

La corposa e solida voluminosità della figura, con la testa leggermente penzoloni in avanti, le ginocchia prospicienti e i piedi sovrapposti e inchiodati con un unico chiodo, rimandano all’arte fiorentina di Giotto e denotano l’influenza che questa ebbe anche sulla produzione senese.

La testa è ben caratterizzata, sia nella capigliatura che nei dettagli del viso. Quest’ultimo mostra un’intensa e composta drammaticità, racchiusa dalle cortine dei capelli, che ben si accorda con l’intonazione livida dell’incarnato e con le labbra dolcemente cianotiche. Il perizoma è bianco, non trasparente, e solcato da pieghe lineari poco profonde.

 
Ambrogio Lorenzetti, Crocifisso della Chiesa del Carmine, data imprecisata (probabile 1324-1331)
   

Crocifisso del Carmine di Siena, dalla Chiesa di san Niccolò del Carmine di Siena, Pinacoteca nazionale, Siena

 

Certa è invece la datazione del 1332 del trittico proveniente dalla chiesa di San Procolo a Firenze, avendo molti testimoni letto, nel corso dei secoli, la firma dell'artista e la data da lui apposta (1332) che oggi sono andate perdute. Il trittico, recentemente ricomposto alla Galleria degli Uffizi di Firenze, riporta la Madonna col Bambino tra i santi Nicola (a sinistra) e Procolo (a destra). Sopra i tre pannelli le cuspidi riportano il Cristo Redentore (al centro) e i santi Giovanni Evangelista (a sinistra) e Giovanni Battista (a destra). Rispetto alla Madonna di Vico l'Abate del 1319 Ambrogio Lorenzetti aveva compiuto passi da gigante nella resa volumetrica dei personaggi, nell'ingentilimento delle figure, nell'uso delle modulazioni chiaroscurali, nella spiccata profilatura dei personaggi, nella ricca decorazione, adesso decisamente più vicini a quelli della scuola di Giotto. Le posture dei personaggi sono ancora rigide e questi sembrano come ingessati, contraddistinguendosi dalle figure di Giotto dei primi anni trenta (per esempio del contemporaneo Polittico di Bologna) o anche da quelle di Simone Martini o Lippo Memmi (per esempio della coeva tavola di Kansas City di Lippo Memmi).

Tuttavia è ancora l'umanità del rapporto tra Maria e il Bambino che contraddistingue l'opera. In questo dipinto Gesù Bambino guarda sua madre con gli occhi sgranati e la bocca semiaperta generando un'espressione tipica di un neonato. Maria ricambia lo sguardo ed offre al bambino un'espressione serena e rassicurante e le dita della mano destra per giocare. La mano sinistra di Maria ha invece la tipica disposizione “lorenzettiana” a dita divaricate, sottolineando l'energia della sua presa[0].

 

Ambrogio Lorenzetti, Opere di san Nicola (Miracolo del bambino risuscitato), dalla chiesa di San Procolo di Firenze (circa 1332), Galleria degli Uffizi, Firenze

Ambrogio Lorenzetti, Opere di san Nicola (Miracolo del bambino risuscitato), dalla chiesa di San Procolo di Firenze (circa 1332), Galleria degli Uffizi, Firenze [1]


Sempre dalla chiesa di San Procolo di Firenze, e per questo datati intorno al 1332, provengono quattro tavolette raffiguranti Episodi della vita di San Nicola, oggi esposte agli Uffizi. Le tavolette mettono in luce una notevole vena narrativa dell'artista ed una sua abilità nella realizzazione di complesse architetture, evitando anche l'innaturale convenzione di sfondare le pareti per mostrare ciò che avviene nelle stanze. Per esempio, nella scena di San Nicola che resuscita il bambino strozzato dal demonio, il bambino protagonista è raffigurato quattro volte in altrettanti momenti successivi, che si svolgono nei due piani di un edificio: il pian terreno è aperto da un arcone, mentre il piano superiore è visibile tramite una loggia. In queste scene inoltre il fondo oro è ormai quasi abolito, con l'architettura che occupa quasi tutto lo sfondo[0].

Rientro nel contado di Siena

Intorno al 1335 Ambrogio Lorenzetti rientra nel contado di Siena. L'Ugurgeri Azzolini narra nel 1649 di aver visto le firme di Ambrogio Lorenzetti e di suo fratello Pietro sugli affreschi allora deperiti dello Spedale di Santa Maria della Scala con tanto di data (1335). Tali affreschi oggi sono perduti. Anche Lorenzo Ghiberti parla di affreschi di Pietro e Ambrogio Lorenzetti nel chiostro e nella sala capitolare della chiesa di San Francesco a Siena, affreschi di cui oggi rimangono solo poche scene e che sono datati intorno al 1336. La co-presenza del fratello Pietro in questi cicli di affreschi senesi fanno pensare che Ambrogio Lorenzetti riuscì a ricevere commissioni nella sua città natale per intercessione del fratello, che sicuramente era più accreditato di lui in questi anni.

Ambrogio risulta negli stessi anni attivo come artista autonomo e indipendente soprattutto nel contado di Siena: dalla Badia dei Santi Giacomo e Cristoforo a Rofeno proviene una Pala con la Vergine e il Bambino, San Michele Arcangelo e santi che è oggi conservata presso il Museo di arte sacra di Asciano, opera datata al 1332-1337, probabilmente dopo il Trittico di San Procolo. Al 1332-1335 circa vengono attribuiti da quasi tutti gli studiosi i quattro santi di un polittico smembrato di provenienza ignota ed esposto oggi al Museo dell'Opera del Duomo di Siena. Al 1335 circa viene datato, non senza incertezze, anche il Crocifisso della chiesa di santa Lucia a Montenero d'Orcia presso Castel del Piano. Più unanime è la datazione al 1335 della splendida Maestà proveniente dalla chiesa agostiniana di San Pietro all'Orto di Massa Marittima (dominio senese al tempo) ed oggi esposto nel Museo di arte sacra della stessa città[0].

La Maestà

Ambrogio ha lasciato anche una Maestà ed altri affreschi nella cappella dell'Eremo di Montesiepi, presso l'Abbazia di San Galgano, affreschi che sono databili al 1334-1336, come risulta da un documento che attesta il pittore a San Galgano nel 1334 e da un'iscrizione oggi perduta ma letta nel 1645 relativa all'anno 1336.

 

Ambrogio Lorenzetti, Maestà, 1334-1336[4], affresco, cappella di San Galgano a Montesiepi   Ambrogio Lorenzetti, Annunciazione e Apparizione di San Michele a Castel Sant'Angelo, affrescchi strappati, dalla chiesa di San Galgano a Montesiepi (Chiusdino)   Ambrogio Lorenzetti, particolari dell'Annunciazione, 1334-1336, affresco, cappella di San Galgano a Montesiepi

Ambrogio Lorenzetti, Maestà, 1334-1336[4], affresco, cappella di San Galgano a Montesiepi

 

 

 

Ambrogio Lorenzetti, Annunciazione e Apparizione di San Michele a Castel Sant'Angelo, affrescchi strappati, dalla chiesa di San Galgano a Montesiepi (Chiusdino)

 

 

Ambrogio Lorenzetti, particolari dell'Annunciazione, 1334-1336, affresco, cappella di San Galgano a Montesiepi

Ambrogio Lorenzetti, Apparizione di San Michele a Castel Sant'Angelo,
affresco della rotonda di Montesiepi, 1334-1336, Chiusdino   Ambrogio Lorenzetti, Apparizione di San Michele a Castel Sant'Angelo,
affresco della rotonda di Montesiepi, 1334-1336, Chiusdino   Ambrogio Lorenzetti, affreschi della rotonda di Montesiepi, 1334-36, L'Annunciazione

Ambrogio Lorenzetti, Apparizione di San Michele a Castel Sant'Angelo,
affresco della rotonda di Montesiepi, 1334-1336, Chiusdino

 

Ambrogio Lorenzetti, Apparizione di San Michele a Castel Sant'Angelo,
affresco della rotonda di Montesiepi, 1334-1336, Chiusdino

 

  Ambrogio Lorenzetti, affreschi della rotonda di Montesiepi, 1334-36, L'Annunciazione

In queste opere si nota come le figure acquisiscono quella postura più sciolta ed equilibrata che caratterizzava in questi anni lo stile di Giotto e del suo allievo Taddeo Gaddi, nonché di Simone Martini e del cognato Lippo Memmi. Ma c'è di più. Le opere appaiono più articolate e sono caricate sovente di complesse allegorie. La splendida Maestà di Massa Marittima, ad esempio, è dominata da una moltitudine di figure[0].


La Maestà di Massa Marittima

Ambrogio Lorenzetti, Maestà di Massa Marittima, 1335 ca. , Museo di Arte Sacra, Massa Marittima

Ambrogio Lorenzetti, Maestà di Massa Marittima, 1335 ca. , Museo di Arte Sacra, Massa Marittima [4]

 

Ai lati dei gradini del trono sono presenti sei angeli (tre per parte) con strumenti musicali ed incensieri. Ai lati del trono stesso ci sono altri quattro angeli, due che reggono i cuscini del trono e altri due che lanciano fiori. Tutti gli altri personaggi in piedi sono uno stuolo di Profeti, Santi e Patriarchi. Tale sovraffollamento carica l'evento della nascita di Gesù Cristo di una portata epocale essendo tale evento assistito e testimoniato da tutti coloro che hanno fatto la storia della Chiesa. Ai piedi del trono sono presenti le personificazioni delle tre Virtù Teologali. Queste sono, dal gradino più basso a quello più alto, la Fede, la Speranza e la Carità, come indicato dalle iscrizioni sui gradini. La loro disposizione non è casuale. Secondo la definizione di Pietro Cantore la Fede costruisce le fondamenta dell'edificio ecclesiale, e infatti siede sul gradino che forma la base del trono. La Speranza eleva la Chiesa fino al Cielo, simboleggiata dalla pesante torre che regge, mentre la Carità concretizza l'atto della Chiesa e attraverso l'amore per Dio Padre dà amore anche al prossimo.

Ma anche in questo dipinto allegorico dal significato teologico così complesso Ambrogio Lorenzetti non rinuncia al rapporto umano e naturalistico tra Madre e Figlio con la consueta presa energica del figlio da parte di Maria, con un contatto guancia a guancia e uno scambio di sguardi ravvicinato tra le due figure[0].



Ambrogio Lorenzetti, Maestà di Massa Marittima (particolare della speranza), 1335 ca., Museo di Arte Sacra, Massa Marittima   Ambrogio Lorenzetti, Maestà di Massa Marittima (particolare della carità), 1335 ca., Museo di Arte Sacra, Massa Marittima   Ambrogio Lorenzetti, Maestà di Massa Marittima (particolare della fede), 1335 ca., Museo di Arte Sacra, Massa Marittima

Ambrogio Lorenzetti, Maestà di Massa Marittima (particolare della speranza), 1335 ca., Museo di Arte Sacra, Massa Marittima [1]

 

 

Ambrogio Lorenzetti, Maestà (particolare della carità), 1335 ca., Museo di Arte Sacra, Massa Marittima [1]

 

Ambrogio Lorenzetti, Maestà di Massa Marittima (particolare della fede), 1335 ca., Museo di Arte Sacra, Massa Marittima [1]

 

La Pinacoteca Nazionale di Siena


La Pinacoteca nazionale di Siena è il più importante museo statale della città, in cui è presente una fondamentale raccolta di opere di scuola senese.

La grande sala 7 chiude la rassegna dei capiscuola senesi del Trecento con i fratelli Pietro e Ambrogio Lorenzetti e i loro seguaci. Al primo spetta la Pala del Carmine (1327-1329) di Pietro Lorenzetti, uno dei capolavori assoluti del Trecento senese. Di Ambrogio Lorenzetti è il primo Trittico della Madonna col Bambino tra le sante Maria Maddalena e Dorotea, la Madonna col Bambino, la Piccola Maestà e l'Annunciazione, dal Palazzo Pubblico (1348). L'Annunciazione è la sua ultima opera conosciuta, probabilmente dipinta poco prima della sua morte durante l'epidemia di peste del 1348.


La Piccola Maestà, circa 1340


Uno dei punti forti della pittura su tavola senese è questa Piccola Maestà. Si tratta di un pannello piccolo ma di una bellezza mozzafiato che una volta era la parte centrale di un trittico.

L'oro abbagliante che circonda la figura della Madonna, gli angeli che sembrano emergere da essa, i dettagli squisiti e i colori radiosi. Raramente nella prima arte italiana si trova un rosso così intenso e profondo, e in quasi nessun'altra opera il prezioso lapislazzuli del blu è così ben conservato. Il bagliore sommesso degli angeli che circondano Maria, che sembrano dissolversi nella foglia d'oro, è senza tempo.


Ambrogio Lorenzetti - Small Maestà - WGA13477   Ambrogio Lorenzetti, Piccola Maestà, circa 1340 (particolare Maria), Pinacoteca Nazionale, Siena
  Ambrogio Lorenzetti, Piccola Maestà, circa 1340 (particolare Elisabetta d'Ungheria), Pinacoteca Nazionale, Siena [1]

Ambrogio Lorenzetti, Piccola Maestà,
circa 1340

 

 

Ambrogio Lorenzetti, Piccola Maestà, circa 1340 (particolare Maria), Pinacoteca Nazionale, Siena

 

Ambrogio Lorenzetti, Piccola Maestà, circa 1340 (particolare Elisabetta d'Ungheria), Pinacoteca Nazionale, Siena

Rientro definitivo a Siena: Le Allegorie del Buono e Cattivo Governo e dei loro Effetti

Nel 1337 l'artista risulta già in pianta stabile a Siena a dipingere in maniera autonoma dal fratello Pietro Lorenzetti, complice anche la partenza per Avignone, avvenuta nel 1335-1336, dell'artista di riferimento della città fino ad allora, ovvero Simone Martini.

Al 1337-1338 risale la Maestà della Cappella Piccolomini del Convento di Sant'Agostino di Siena, anch'essa caratterizzata da un profondo significato allegorico.

Nel 1338-1339 Ambrogio dipinse quello che ancora oggi è considerato il suo capolavoro tra le opere a noi pervenute: le Allegorie del Buono e Cattivo Governo e dei loro Effetti in Città e in Campagna, dispiegate su tre pareti per una lunghezza complessiva di circa 35 metri nella Sala dei Nove del Palazzo Pubblico di Siena. Sulla parete di fondo della sala si trova l'Allegoria del Buon Governo dove ogni aspetto del governo (quale la Giustizia, il Comune di Siena, i cittadini, le forze dell'ordine, etc.) e le virtù loro ispiratrici (sapienza divina, generosità, pace, virtù cardinali e virtù teologali, etc.) sono rappresentati da figure umane. Tutte queste figure interagiscono secondo un preciso ordine a rappresentare una scena assai complessa. Sulla parete di destra è presente l'Allegoria degli Effetti del Buon Governo in Città e Campagna, con una rappresentazione allegorica del lavoro produttivo entro la città di Siena e nella sua campagna. Infine, sulla parete sinistra è presente l'Allegoria del Cattivo Governo, con personificazioni degli aspetti del malgoverno e dei vizi e dei suoi effetti in città e campagna.



Ambrogio Lorenzetti, Allegoria del Buon Governo, la parete Nord ed un scorcio della parete Est, della Sala dei Nove, Palazzo Pubblico, Siena

Ambrogio Lorenzetti, Allegoria del Buon Governo, la parete Nord ed un scorcio della parete Est, della Sala dei Nove, Palazzo Pubblico, Siena [8]

 

Il ciclo di affreschi è da sempre studiato da critici ed appassionati non solo di storia dell'arte, ma anche di storia e del pensiero politico, di urbanistica e del costume. Di fatto fu uno dei primi messaggi di propaganda politica in un'opera medievale. Dal punto di vista dottrinale vi è un chiaro riferimento al pensiero di san Tommaso d'Aquino. L'assunto dottrinale è chiaramente tomistico: non solo perché riflette la gerarchia dei princìpi e dei fatti, delle cause e degli effetti, ma perché pone come motivi fondamentali dell'ordine politico l'"autorità" (nelle allegorie) e la "socialità" (negli effetti), specialmente insistendo sul concetto aristotelico (di Aristotele) della "naturalità" della socievolezza umana[6].

 

Marco Mascolo, Alessandra Caffio:

«Il vero banco di prova sul quale è possibile misurare tutta l’originalità dell’artista resta indubbiamente il ciclo del Buon Governo: le soluzioni iconografiche messe a punto per la sala dei Nove in Palazzo Pubblico ‘parlano’ di un artista capace di discostarsi in modo assai significativo rispetto alla tradizione. Gli affreschi, oggetto di una miriade d’interpretazioni, colpiscono proprio per la sostanziale capacità di mettere in scena tanto un ‘ritratto’, realistico e narrativo, dello Stato senese quanto una raffigurazione allegorica della sua forma di governo».[7]





 

       
Ambrogio Lorenzetti, Allegoria del Buon Governo. La parete Nord ed un scorcio della parete Est (Effetti del Buon Governo in città) della Sala dei Nove del Palazzo Pubblico   Ambrogio Lorenzetti, Allegoria del Buon Governo), la parete Est (Effetti del Buon Governo in città e in campagna) della Sala dei Nove del Palazzo Pubblico   Ambrogio Lorenzetti, Allegoria del Cattivo Governo ed effetti del Cattivo Governo in città e in campagna, la parete Ovest della Sala dei Nove del Palazzo Pubblico

Ambrogio Lorenzetti, Allegoria del Buon Governo. La parete Nord ed un scorcio della parete Est (Effetti del Buon Governo in città) della Sala dei Nove del Palazzo Pubblico

 

 

Ambrogio Lorenzetti, Allegoria del Buon Governo), la parete Est (Effetti del Buon Governo in città e in campagna) della Sala dei Nove del Palazzo Pubblico

 

Ambrogio Lorenzetti, Allegoria del Cattivo Governo ed effetti del Cattivo Governo in città e in campagna, la parete Ovest della Sala dei Nove del Palazzo Pubblico

 

Ambrogio Lorenzetti, Allegoria del Buon Governo, 1338-1339, Sala della Pace, Palazzo Pubblico, Siena   Ambrogio Lorenzetti, Effetti del Buon Governo in città, 1338-1339, Sala della Pace, Palazzo Pubblico, Siena   Ambrogio Lorenzetti, Effetti del Buon Governo in campagna, 1338-1339, Sala della Pace, Palazzo Pubblico, Siena

Ambrogio Lorenzetti, Allegoria del Buon Governo, 1338-1339, Sala della Pace, Palazzo Pubblico, Siena

 

Ambrogio Lorenzetti, Effetti del Buon Governo in città, 1338-1339, Sala della Pace, Palazzo Pubblico, Siena

 

Ambrogio Lorenzetti, Effetti del Buon Governo in campagna, 1338-1339, Sala della Pace, Palazzo Pubblico, Siena

 

Marco Mascolo, Alessandra Caffio:

«Il ‘ritratto’ dello Stato senese e la sua controparte, la rappresentazione del Mal Governo e dei suoi ‘effetti’, condensano un messaggio politico complesso e stratificato, che rende visibile i principî del governo novesco[5].
La figurazione, concettualmente bipartita, si organizza attraverso due allegorie (Buono e Cattivo Governo), dalle quali discendono i rispettivi‘effetti’, visualizzati nella rappresentazione di due città col loro territorio. A rendere ancora più esplicito il messaggio, il ciclo è corredato da una serie di iscrizioni, divise in sei ‘segmenti’: nei listelli (per le scene degli ‘effetti’), nelle tabelle (per le due allegorie) e nelle insegne rette dalle rappresentazioni di Securitas e Timor».[7]


Effetti del Buon Governo in campagna


Ambrogio Lorenzetti, Effetti del Buon Governo in campagna, (dettaglio della Sicurezza, con il suo confortante cartiglio), Palazzo Pubblico, Siena

Ambrogio Lorenzetti, Effetti del Buon Governo in campagna, (dettaglio della Sicurezza, con il suo confortante cartiglio), Palazzo Pubblico, Siena

 

In aria vola la personificazione della Sicurezza, che regge un delinquente impiccato, simbolo di una giustizia implacabile con chi trasgredisce le leggi, e un cartiglio[9]:

«Senza paura ogn'uom franco camini
e lavorando semini ciascuno
mentre che tal comuno
manterrà questa donna in signoria
ch'el alevata arei ogni balia».

 

 

   
   

Le altre opere a Siena

Del periodo senese non sono documentati solo questi affreschi. Oltre a quelli già citati fino ad ora sono molte le opere realizzate entro le mura della città dopo il 1337. Tra esse si distinguono un polittico proveniente dalla ex-chiesa distrutta del Convento di Santa Petronilla di Siena ed oggi esposto nella Pinacoteca Nazionale della stessa città (circa 1340), la , realizzata per l'altare di San Crescenzio del Duomo di Siena ed oggi esposto alla Galleria degli Uffizi di Firenze (firmato e datato 1342) e un'Annunciazione proveniente dalla Sala del Concistoro del Palazzo Pubblico ed oggi ospitato dalla Pinacoteca Nazionale di Siena (firmato e datato 1344).

Molte di queste opere sono caratterizzate da una complessa ed affascinante simbologia, laddove non è riscontrabile un più complesso significato allegorico, mostrando lo spessore intellettuale, oltre che di grande artista, di Ambrogio Lorenzetti. Un'altra caratteristica che colpisce è il risalto dell'aspetto umano delle rappresentazioni, come nell'Annunciazione della Pinacoteca Nazionale di Siena del 1344 dove viene rappresentata la parte finale dell'Annunciazione: la spiegazione dell'Angelo su come il concepimento è possibile e l'accettazione di Maria (piuttosto che l'apparizione ed annuncio dell'Angelo come si usava fare). Il Lorenzetti di questi anni mostra anche di avere acquisito appieno la capacità di dipingere personaggi volumetrici ed equilibrati nelle loro posture, di usare in maniera ottimale i chiaroscuri per la resa di volti e vesti, e di realizzare articolate prospettive, come è evidente dalla tavola della Presentazione di Gesù al Tempio del 1342, oggi agli Uffizi di Firenze.

La provenienza senese di tutti questi dipinti mostrano la reputazione che Ambrogio Lorenzetti aveva guadagnato presso il governo e i conventi senesi, ormai al di sopra di quella del fratello Pietro (vedi sotto per una lista completa delle opere senesi).

In questi anni Ambrogio Lorenzetti dipinse anche nei dintorni di Siena, come è testimoniato dal polittico ricomposto della Pieve dei Santi Pietro e Paolo a Roccalbegna e dalla tavola con la Madonna e il Bambino proveniente dalla Pieve di San Lorenzo alle Serre di Rapolano ed oggi esposta nella Pinacoteca Nazionale di Siena[0].



L'Annunciazione, 1344


Lorenzetti Ambrogio annunciation- 1344.

Ambrogio Lorenzetti, Annunciazione, 1344, cm.127x120, Pinacoteca Nazionale, Siena [1]


La tavola fu dipinta nel 1344 per l’Ufficio della Gabella del Comune di Siena, come mostra la firma a due righe scritta in basso. Qui si legge infatti l'anno di esecuzione (1344), il nome dell'artista (Ambruogio Lorenzi) e quello dei committenti (i nomi dei Magistrati della Gabella di quell'anno).
L'angelo infatti proferisce le seguenti parole: “Non est (erit) impossibile apud Deum omne verbum”, visibili tra la bocca dell’Angelo e il petto di Maria. Questa è la spiegazione di come il concepimento poteva avvenire visto che “per Dio niente era impossibile”.
Qui l'artista sceglie di rappresentare il momento emotivamente più profondo discostandosi dalla rappresentazione convenzionale dell’Annunciazione. Non è l'apparizione dell'Angelo e il suo annuncio ad essere oggetto del dipinto (come era consuetudine), bensì la spiegazione dell'Angelo su come il concepimento potesse avvenire, l'accettazione di Maria e il concepimento stesso..

La scacchiera di base della scena rappresenta perciò un sistema di coordinate che fornisce una definizione ancora approssimativa delle dimensioni degli oggetti e delle distanze fra di essi. Reitera così le indubbie capacità del Lorenzetti di dipingere le complesse prospettive già evidenti nella Presentazione di Gesù al Tempio del 1342 (Oggi alla Galleria degli Uffizi di Firenze) dove però non è presente il punto di fuga unico, ne coesistono invece di diversi, creando come delle zone prospettiche distinte. Unificazione prospettica soltanto parziale dunque, che però prelude direttamente al procedimento Quattrocentesco. I volti dell’Angelo e di Maria sono rese secondo le inconfondibili fisionomie di quest'artista. I chiaroscuri dei volti e del panneggio mostrano le influenze giottesche che Ambrogio Lorenzetti aveva acquisito negli anni di permanenza a Firenze (prima del 1332).

 

Presentazione di Gesù al tempio, 1342

Ambrogio Lorenzetti  (1290–1348), Presentazione di Gesù al tempio dal Duomo di Siena (1342), tempera su tavola, 257 cm x 168 cm, Galleria degli Uffizi, Firenze

Ambrogio Lorenzetti (1290–1348), Presentazione di Gesù al tempio dal Duomo di Siena (1342), tempera su tavola, 257 cm x 168 cm, Galleria degli Uffizi, Firenze [1]

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La bellezza della decadenza nella Sala del Mappamondo, Palazzo Pubblico

Il mappamondo che Ambrogio Lorenzetti dipinse per il Palazzo Pubbico di Siena nel 1345 è scomparso da tempo, ma non senza lasciare tracce spettacolari del suo design unico.



Duccio di Buoninsegna, Consegna del castello di Giuncarico, 1314, affresco, e trace del mappamondo trecentesco dipinto da Ambrogio Lorenzett, Siena, Sala del Mappamondo del Palazzo Pubblico

Duccio di Buoninsegna, Consegna del castello di Giuncarico, 1314, affresco, e trace del mappamondo trecentesco dipinto da Ambrogio Lorenzett, Siena, Sala del Mappamondo del Palazzo Pubblico [5]


Nella Sala del mappamondo, detta anche Sala del Consiglio, del Palazzo Pubblico di Siena, Ambrogio fece un mappamondo: un disco girevole in legno coperto di pergamena, realizzando, dice Vasari, una cosmografia perfetta secondo quei tempi: cioè una raffigurazione del mondo conosciuto con Siena al centro.

 

La morte nel 1348


Come il fratello Pietro, anche Ambrogio Lorenzetti morì nel 1348 per la terribile ondata di pestilenza che decimò le popolazioni dell'Europa occidentale. Rimane infatti un testamento, scritto dall'artista il 9 giugno 1348, in cui Ambrogio dispone, in maniera convulsa e in lingua volgare (in genere si usavano convenzionali formule in lingua latina per i documenti notarili), che tutti i suoi averi andassero in eredità alla Compagnia della Vergine Maria, temendo la morte imminente di sé stesso, della moglie e delle sue tre figlie. Nel 1348 e nel 1349 alcuni beni di Ambrogio Lorenzetti risultano effettivamente venduti dalla Compagnia, potendosi concludere che la peste abbia davvero decimato la sua famiglia[0].

 

Opere

Madonna col Bambino, 1319[4], tempera e oro su tavola, proveniente dalla Chiesa di Sant'Angelo a Vico l'Abate presso san Casciano, Museo di San Casciano.
Madonna col Bambino, 1320-1330 circa[2], tempera e oro su tavola, provenienza ignota, Pinacoteca di Brera, Milano
Crocifisso della Chiesa del Carmine, data imprecisata (probabile 1324-1331)[2], tempera e oro su tavola, dalla chiesa del Carmine di Siena, Pinacoteca Nazionale, Siena
Trittico di San Procolo, 1332[4], tempera e oro su tavola, dalla chiesa di San Procolo di Firenze, Galleria degli Uffizi, Firenze
Quattro tavole con storie di san Nicola di Bari, circa 1332[2], tempera e oro su tavola, dalla chiesa di San Procolo di Firenze, Galleria degli Uffizi, Firenze
Pala con la Vergine e il Bambino, San Michele Arcangelo e i santi Bartolomeo e Benedetto, circa 1332-1337[2], tempera e oro su tavola, dalla Badia dei Santi Giacomo e Cristoforo a Rofeno, Museo di Arte Sacra, Asciano
Madonna col Bambino, 1330-1335[2], tempera e oro su tavola, provenienza ignota, Musée du Louvre, Parigi
Quattro pannelli di un polittico smembrato con i Santi Benedetto, Caterina d'Alessandria, Maddalena, Francesco, 1332-1335[2], tempera e oro su tavola, provenienza ignota, Museo dell'Opera del Duomo, Siena
Maestà, circa 1335[2], tempera e oro su tavola, dalla chiesa di San Pietro all'Orto di Massa Marittima, Museo di Arte Sacra, Massa Marittima
Maestà, 1334-1336[4], affresco, cappella di San Galgano a Montesiepi (presso l'abbazia di San Galgano)
Maestà, 1337-1338[4], affresco, chiesa di Sant'Agostino, Siena
Martirio dei Francescani e Congedo di San Ludovico di Tolosa, circa 1336-1340[2], affreschi staccati, dalla sala capitolare della Basilica di san Francesco di Siena, transetto sinistro della Basilica di san Francesco, Siena
Allegorie del Buono e Cattivo Governo e dei loro Effetti in Città e in Campagna, 1338-1339[4], affreschi, Palazzo Pubblico, Siena
Tavoletta di biccherna can camarlingo e contribuente, 1340[4], tempera e oro su tavola, Archivio di Stato, Siena
Polittico di santa Petronilla, circa 1340[2], tempera e oro su tavola, dalla chiesa distrutta dell'ex-convento di Santa Petronilla, Pinacoteca Nazionale, Siena
Madonna col Bambino, circa 1340[2], tempera e oro su tavola, dalla chiesa di san Lorenzo alle Serre di Rapolano, Pinacoteca Nazionale, Siena
Madonna col Bambino, circa 1340[4], affresco staccato, dalla Loggia del Palazzo Pubblico di Siena, Palazzo Pubblico, Siena
Polittico di Roccalbegna, circa 1340[2], tempera e oro su tavola, pieve dei Santi Pietro e Paolo di Roccalbegna.
Madonna col Bambino, circa 1340[2], tempera e oro su tavola, dal monastero di Sant'Eugenio presso Siena, Museum of Fine Arts, Boston.
Piccola Maestà, circa 1340[2], tempera e oro su tavola, dallo Spedale di Santa Maria della Scala, Pinacoteca Nazionale, Siena

Due piccoli pannelli laterali descriventi l'Elemosina di san Nicola a tre prostitute e il Dono del mantello di san Martino al povero sono, rispettivamente, al Museo del Louvre e alla Yale University Art Museum

Madonna col Bambino, 1340-1345[2], tempera e oro su tavola, chiesa di San Pietro alle Scale, Siena
Presentazione di Gesù al Tempio, 1342[4], dall'altare di san Crescenzio del Duomo di Siena, Galleria degli Uffizi, Firenze
Tavoletta di biccherna can il Buon Governo, 1344[4], tempera e oro su tavola, Archivio di Stato, Siena
Annunciazione, 1344[4], tempera e oro su tavola, dalla sala del Concistoro del Palazzo Pubblico di Siena, Pinacoteca Nazionale, Siena
Allegoria della Redenzione, 1340-1347[2], tempera e oro su tavola, dall'ospedaletto senese di Monna Agnese, Pinacoteca Nazionale, Siena
Madonna col Bambino (Madonna Blumenthal), data imprecisata[3], tempera e oro su tavola, provenienza ignota, Metropolitan Museum of Art, New York.
Madonna del Latte, data imprecisata[3], tempera e oro su tavola, dall'eremo agostiniano di Lecceto, Museo diocesano, Siena
Trace del Mappamondo dipinto da Ambrogio Lorenzetti, 1345, Sala del Mappamondo, Palazzo Pubblico, Siena
Crocifisso di Montenero d'Orcia, data imprecisata, 1320-1335[3], tempera e oro su tavola, chiesa di santa Lucia a Montenero d'Orcia presso Castel del Piano.
Crocifissione, data imprecisata[3], tempera e oro su tavola, provenienza ignota, Collezione Salini (privata), Siena
Santa Caterina d'Alessandria, San Giovanni Evangelista, Sant'Agostino e devoto, data imprecisata[3], affresco staccato, dagli ambienti del Palazzo Pubblico di Siena, Palazzo Pubblico, Siena[].



Ambrogio Lorenzetti, Maestà, 1334-1336[4], affresco, cappella di San Galgano a Montesiepi (presso l'abbazia di San Galgano)
  Ambrogio Lorenzetti, Maestà di Sant'Agostino, 1337-1338 circa, affresco, Chiesa di Sant'Agostino, Siena   Ambrogio Lorenzetti, Madonna col Bambino (Maestà della Loggia del Palazzo Pubblico di Siena, 1340

Ambrogio Lorenzetti, Maestà, 1334-1336[4], affresco, cappella di San Galgano a Montesiepi (presso l'abbazia di San Galgano)

 

  Ambrogio Lorenzetti, Maestà di Sant'Agostino, 1337-1338 circa, affresco, Chiesa di Sant'Agostino, Siena  

Ambrogio Lorenzetti, Madonna col Bambino (Maestà della Loggia del Palazzo Pubblico di Siena, 1340



Ambrogio Lorenzetti, Maestà e Storie di San Galgano, SINOPIE DOPO IL RESTAURO, dalla chiesa di San Galgano a Montesiepi (Chiusdino)

Ambrogio Lorenzetti, Maestà e Storie di San Galgano, SINOPIE DOPO IL RESTAURO, dalla chiesa di San Galgano a Montesiepi (Chiusdino)

Ambrogio Lorenzetti: ‘Visione di San
Galgano a Roma’. Montesiepi (Chiusdino),
chiesa di San Galgano, cappella.

 

       
         
   

Arte in Toscana | Ambrogio Lorenzetti | Allegoria ed Effetti del Buono e del Cattivo Governo

Travel Guide Tuscany | Palazzo Pubblico in Siena

Photo QAlbum | Il ciclo del Buono e del Cattivo Governo | Het albumarchief van Google (Picasa)


 

Bibliografia

Mario Scalini, Francesca Mencarelli, u.a:, La Grande Piccola Maestà di Ambrogio Lorenzetti, Anonima Talenti, 2011

Henk van Os, Zien is genoeg, Uitgeverij Balans, 2009

Stefano Zuffi, Il Quattrocento, Electa, Milano 2004. ISBN 8837023154

Chiara Frugoni, Pietre e Ambrogio Lorenzetti, Scala, 1998

A. Bagnoli (a cura di), R. Bartalini (a cura di), Ambrogio Lorenzetti. Catalogo della mostra (Siena, 22 ottobre 2017-21 gennaio 2018), Silvana, 2017

 


Chiara Frugoni, Pietre e Ambrogio Lorenzetti, Scala, 1998
Pietro e Ambrogio Lorenzetti, Firenze, Le Lettere, 2002

     
 
   

 



[1] Foto di Sailko, licenziato in base ai termini della licenza Creative Commons Attribuzione 3.0 Unported
[2] Toscana. Guida d'Italia (Guida rossa), Touring Club Italiano, Milano 2003, p. 542.
[3] Fonte: 'La Grande Piccola Maestà di Ambrogio Lorenzetti'', inaugurazione della mostra a Siena | www.sienafree.it | Venerdì 10 Febbraio 2012
[4] Quest'opera è nel pubblico dominio . Fonte: The Yorck Project (2002) 10.000 Meisterwerke der Malerei (DVD-ROM), distributed by DIRECTMEDIA Publishing GmbH
[5] Quest'opera è nel pubblico dominio . Fonte WGA.
[6] Giulio Carlo Argan, Storia dell'arte italiana, vol. 2, Firenze, Sansoni, pp. 34-36,
[7] Marco Mascolo, Alessandra Caffio, «Al servizio dei Nove: Ambrogio Lorenzetti 'pittore civico» (con un paragrafo di A. Caffio), in «Ambrogio Lorenzetti», catalogo della mostra (Siena, 22-ottobre 2017-21 gennaio 2018), a cura di A. Bagnoli, R. Bartalini, M. Seidel, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2017, pp. 391-426
[8] Fonte ©Traveling in Tuscany, alcuni diritti riservati.
[9] Fonte: SILVIA BOSIO, Autorità politica: Buono e Cattivo Governo negli affreschi di Ambrogio Lorenzetti, Discorsivo 9 settembre 2013 | www.discorsivo.it


[0] Questo articolo è basato parzialmente sull'articolo Ambrogio Lorenzetti dell' enciclopedia Wikipedia ed è rilasciato sotto i termini della GNU Free Documentation License.

 

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