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Storia
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La tavola fu dipinta nel 1344 per l’Ufficio della Gabella del Comune di Siena, come mostra la firma a due righe scritta in basso. Qui si legge infatti l’anno di esecuzione (1344), il nome dell’artista (Ambruogio Lorenzi) e quello dei committenti (i nomi dei Magistrati della Gabella di quell’anno). La tavola fu posta nella Sala del Concistoro del Palazzo Pubblico di Siena. Recentemente è stata trasferita nella Pinacoteca Nazionale della stessa città, dove si trova ancora oggi.
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Ambrogio Lorenzetti, Annunciazione (dettagli), Pinacoteca Nazionale, Siena [1]
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Non est (erit) impossibile apud Deum omne verbum
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Descrizione
Secondo il Vangelo secondo Luca (Luca, 1, 28-38) l’Annunciazione consta di cinque momenti: (1) l’apparizione e il saluto dell’Angelo, (2) l’annuncio del concepimento, (3) la spiegazione di come il concepimento fosse possibile (data la replica della Vergine che “non conosceva uomo”), (4) l’accettazione di Maria e il concepimento stesso e (5) la scomparsa dell’Angelo. Qui l’artista sceglie di rappresentare il momento emotivamente più profondo discostandosi dalla rappresentazione convenzionale dell’Annunciazione. Non è l’apparizione dell’Angelo e il suo annuncio ad essere oggetto del dipinto (come era consuetudine), bensì la spiegazione dell’Angelo su come il concepimento potesse avvenire, l’accettazione di Maria e il concepimento stesso.
L’angelo infatti proferisce le seguenti parole: “Non est (erit) impossibile apud Deum omne verbum”, visibili tra la bocca dell’Angelo e il petto di Maria. Questa è la spiegazione di come il concepimento poteva avvenire visto che “per Dio niente era impossibile”. Il dito dell’Angelo rivolto verso l’alto enfatizza il riferimento a Dio Padre. La Vergine guarda in alto verso Dio Padre e risponde “Ecce Ancilla Domini”. È il suo “sì” di fronte alla volontà di Dio.
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Ambrogio Lorenzetti, Annunciazione, (particolare, le parole dell'angelo e di Maria), 1344, Pinacoteca Nazionale, Siena [2]
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Queste parole sono pronunciate da Maria non verso il suo interlocutore (l’Angelo) bensì verso Dio Padre stesso con le mani incrociate sul petto e dopo aver abbandonato il libro aperto sulle ginocchia. In questa rappresentazione il Lorenzetti enfatizza come il concepimento non fosse un’imposizione del Padre, ma una richiesta alla quale Dio stesso attendeva una risposta. Infine si vede lo Spirito Santo, raffigurato come una colomba, inviato da Dio verso Maria per il concepimento stesso. Il saluto iniziale dell’Angelo è presente nel dipinto, ma viene relegato sull’areola della Vergine in cui si legge “Ave Maria, Gratia Plena, dominus tecum”.
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Ambrogio Lorenzetti, Annunciazione, (particolare mano dell' Arcangelo Gabriele), 1344, Pinacoteca Nazionale, Siena [2]
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Stile
Da un punto di vista prettamente stilistico, il dipinto è realizzato secondo lo stile dell’ultimo Ambrogio Lorenzetti, quello della maturità artistica degli anni senesi (dopo il 1335). La piastrellatura del pavimento mostra infatti una buona resa della prospettiva, reiterando le indubbie capacità del Lorenzetti di dipingere le complesse prospettive già evidenti nella Presentazione di Gesù al Tempio del 1342 (Oggi alla Galleria degli Uffizi di Firenze). I volti dell’Angelo e di Maria sono rese secondo le inconfondibili fisionomie di quest’artista. I chiaroscuri dei volti e del panneggio mostrano le influenze giottesche che Ambrogio Lorenzetti aveva acquisito negli anni di permanenza a Firenze (prima del 1332). Nell'Annunciazione Ambrogio Lorenzetti ha tracciato le premesse della prospettiva nella pittura, come spiega Daniel Arasse:
«Ce qui est passionnant dans ce tableau, c’est que Lorenzetti est au bord de l’invention de la perspective, puisqu’il a l’idée de centrer toutes les lignes de fuite en un seul point, mais pas celle de la diminution géométrique».
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Ambrogio Lorenzetti, Annunciazione, (particolare della pavimentazione), 1344, Pinacoteca Nazionale, Siena [2]
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