In età preistorica la pianura grossetana era occupata da un grande golfo in cui sfociavano il fiume Ombrone e il torrente Bruna.
In epoca etrusca l’insenatura marina andò gradualmente trasformandosi in un'ampia laguna (il cosiddetto Lago Prile), comunicante con il mare. Due erano le città etrusche che si affacciavano su questo specchio d’acqua: Roselle e Vetulonia.
In età romana il paesaggio acquistò una conformazione diversa: l’occlusione o il restringimento dello sbocco al mare, provocati dalla deiezione fluviale, trasformarono il Lago Prile in un bacino chiuso; il fiume Ombrone non sfociava più in questo specchio d’acqua, ma al di fuori di esso, più a sud. Nel I secolo a.C. questo doveva essere un luogo ameno, ambito da molti personaggi di rilievo, come è confermato da un’orazione di Cicerone (Pro Milone), in cui Clodio, tribuno della plebe e contestatore dell'oligarchia romana, viene denunciato per avere eretto una villa nell'isoletta, oggi chiamata Badiola al Fango, pur non essendo il proprietario del terreno.
La fine dell'impero romano determinò il degrado anche di questo territorio: vennero a mancare i sistemi di drenaggio e di regolazione delle acque e la via costiera, probabilmente, non fu più utilizzabile. Nel V secolo d.C., infatti, Rutilio Namaziano (autore del poemetto De Reditu Suo) nel suo viaggio verso la Gallia preferì aggirare questa zona degradata viaggiando per mare. [2]
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