In Toscana già dalla prima metà del Trecento circolava la raffigurazione realistica della Vergine incinta. Questo soggetto iconografico venne chiamato
Madonna del parto e rappresenta la Madonna da sola, in piedi, in posizione frontale e visibilmente incinta. Uno tra gli elementi che la distingue da una normale donna incinta è il libro chiuso appoggiato sul ventre, allusione al Verbo Incarnato; il libro infatti rappresenta l'Antico Testamento e dunque la parola di Dio che, attraverso la Vergine, si incarna e discende tra gli uomini. Artisti che si sono cimentati su questo tema sono Bernardo Daddi, il Maestro di San Martino alla Palma, Taddeo Gaddi, Nardo di Cione, Bartolo di Fredi, Rossello di Jacopo Franchi, ecc. Per Thomas Martone l'immagine fu ideata per mostrare che la natura umana del Cristo era veramente umana, e non creata prima in Paradiso, come sostenevano alcuni teologi eretici dei primi secoli e, successivamente, medievali.
Le Madonne del parto si opposero quindi teologicamente alle raffigurazioni del Bambino che entra nel corpo della Vergine come un raggio di luce, come nel Trittico di Mérode di Robert Campin
[2]. Entrambe le concezioni vennero però definitivamente dichiarate eretiche con il Concilio di Trento
[3], dove anche altre immagini religiose finirono nel mirino degli inquisitori, quali la
Madonna Platytera della Misericordia e la
Donna dell'Apocalisse.
La Madonna del Parto di Piero della Francesca, di disinvolta naturalezza, perfino rustici, non possiede attributi regali, non ha alcun libro in mano, ed è colta nel gesto di puntare una mano sul fianco per sorreggere il peso del ventre.
Piero della Francesca ha completato l'affresco della Madonna del parto intorno al 1455. Si trova nel Museo della Madonna del Parto a Monterchi, in Toscana.