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Agostino di Giovanni e Agnolo di Ventura, Monumento funebre di Guido Tarlati, 1330
Storia
L'opera fu commissionata da Delfo e Pier Saccone Tarlati, fratelli del vescovo e signore di Arezzo Guido Tarlati, dopo la morte di quest'ultimo, avvenuta nel 1327. Furono chiamati ad Arezzo i due più importanti scultori senesi del periodo, Agostino di Giovanni e Agnolo di Ventura, e nel 1330 il cenotafio fu completato.
L'opera aveva un chiaro intento celebrativo e propagandistico del potere Tarlati in Arezzo, e di conseguenza della fazione ghibellina. Oltre alle vittorie militari, assume un'importanza capitale l'allegoria del Comune pelato, scolpita sul modello dell'affresco di Giotto nel palazzo della Signoria a Firenze. Una persona anziana e barbuta, rappresentante il comune, è seduta malinconicamente su un trono e viene rasata e derisa da varie figure, rappresentanti le diverse fazioni politiche cittadine. Il significato è nella necessità per il comune di Arezzo di lasciarsi governare da un Signore onde evitare le dilanianti battaglie della politica interna. Da notare il significato completamente opposto rispetto all'allegoria fiorentina.
Con la cessione di Arezzo a Firenze nel 1337 e la conseguente rivolta anti-tarlatesca delle forze guelfe del 1341, l'opera fu soggetta della rabbia popolare, in una sorta di damnatio memoriae della famiglia Tarlati e della loro politica. L'attuale rifacimento in stucco è dovuto ad un intervento di Angiolo Bini nel 1783.
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Il monumentale cenotafio è la più grande opera funeraria del gotico italiano. Nel 1788 fu traslato dall'originale collocazione nella cappella del sacramento alla parete della navata sinistra, vicino alla sagrestia. L'opera è sormontata da un timpano decorato con gattoni rampanti, al cui centro è scolpita l'aquila imperiale; esso si conclude con un arco a tutto sesto sulla cassa funeraria, molto sporgente. Sulla cassa vi è scolpito al centro il gisant del vescovo, scoperto da due angeli reggicortina, e completato in entrambi i lati da alcune figure di uomini, per un totale di quindici, ripresi nell'atto di omaggiare il defunto. Nella fascia inferiore, si trovano sedici bassorilievi divisi su quattro fasce e separati da una scultura di raccordo. Le scene rappresentano la vita, i successi militari e il buon governo del vescovo e signore d'Arezzo. Nello spazio vuoto tra il pavimento e i bassorilievi, probabilmente in origine era collocato un altare, per officiare messe private in onore del defunto. La struttura è sostenuta da quattro pilastrini ottagonali, terminanti oltre il timpano.
Una menzione dell'aretino Giorgio Vasari ha fatto ventilare l'attribuzione del disegno del monumento a Giotto. Ripresa da alcuni storici dell'arte in base al pittoricismo dei rilievi, alla presenza di caratteri classici e agli elementi portanti appaiono esili, una caratteristica che è stata messa in relazione con il Campanile di Giotto. Tuttavia la critica più recente scarta decisamente tale ipotesi.
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Alinari, Fratelli — Arezzo Cattedrale. Cenotafio di Guido Tarlati. Agostino e Agnolo scultori senesi, disegno di Giotto [4]
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Alinari, Fratelli — Arezzo - Cattedrale. Presa del castello di Caprese. La morte del Vescovo Tarlati, bassorilievi nel Cenotafio Tarlati. (Agostino e Agnolo scultori senesi, disegno di Giotto)[4]
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Piero della Francesca, Maria Maddalena
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Nei secoli l’opera di Piero della Francesca si è progressivamente “mimetizzata” nell’architettura della Cattedrale. Sin dalla prima ora collocata alla navata sinistra, in direzione della sagrestia, dalla fine del XVIII secolo è ulteriormente messa in ombra dal cenotafio del vescovo Tarlati. Più la raffigurazione di Maria Maddalena si nasconde, quasi si trattasse di un chiostro profondo, più la sua intrinseca luminosità spicca: un involontario gioco di luci che rende ancora più preziosa l’opera di Piero della Francesca [3].
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Piero della Francesca, Maria Maddalena (particolare), affresco, 190 cm × 105 cm, Cattedrale di San Donato, Arezzo [4]
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Maria Maddalena è un affresco (190x105 cm) di Piero della Francesca, databile al 1460-1466 e conservato all'interno della Cattedrale di San Donato ad Arezzo, nella navata sinistra vicino alla porta che conduce alla sagrestia.
L'opera è strettamente legata agli affreschi delle Storie della Vera Croce di San Francesco, eseguiti da Piero in due fasi: dal 1452 al 1458 e dal 1459 al 1466 [2].
Solidamente dipinta attraverso una geometria del colore levigata e pura, la figura, caratterizzata dagli elementi tipici dell’iconografia della Maddalena, ispira un senso grave e solenne di sacralità. La figura della Maddalena si trova incorniciata da un'arcata a tutto sesto dipinta, dallo stile classicheggiante. Sin dalla prima ora collocata alla navata sinistra, in direzione della sagrestia, dalla fine del XVIII secolo è ulteriormente messa in ombra dal cenotafio del vescovo Tarlati. Più la raffigurazione di Maria Maddalena si nasconde, quasi si trattasse di un chiostro profondo, più la sua intrinseca luminosità spicca: un involontario gioco di luci che rende ancora più preziosa l’opera di Piero della Francesca.[3]
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Piero della Francesca, Maria Maddalena (particolare), affresco, 190 cm × 105 cm, Cattedrale di San Donato, Arezzo
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[1] Foto sailko, licenziato in base ai termini della licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported.
[2] Fonte: I monumenti di Arezzo | www.pierodellafrancesca.it
[3] Fonte: Domenico Bilotti, La “voce” della bellezza nella Maddalena di Piero della Francesca (Pubblicazione: 31.07.2016) | www.ilsussidiario.net
[4] Fonte Fondazione Zeri | catalogo.fondazionezeri.unibo.it. Foto licenziato in base ai termini della licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International.
© Copyright 2016 - FONDAZIONE FEDERICO ZERI - Università di Bologna, page Agostino di Giovanni/ Agnolo di Ventura, Ritratto funebre del vescovo Guido Tarlati, Episodi della vita del vescovo Guido Tarlati.
[5] Photo by Vincenzo Desiderio, released into the public domain.
Bibliografia
Birgit Laskowski, Piero della Francesca, collana Maestri dell'arte italiana, Gribaudo, Milano 2007. ISBN 978-3-8331-3757-0
Pietro Allegretti, Piero della Francesca, collana I classici dell'arte, Rizzoli/Skira, Milano 2003, pp. 1132-1133.
Roberto Bartalini, Scultura gotica in Toscana. Maestri, monumenti, cantieri del Due e Trecento, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2005, pp. 215–257
AA.VV. Arte in terra di Arezzo: il trecento, Edifir, Firenze 200
Edi Baccheschi, L'opera completa di Giotto, Rizzoli, Milano 1977, p. 126. ISBN non esistent
AA.VV., Toscana. Guida d'Italia ("Guida rossa"), Touring Club Italiano, Milano, 2003.
X. L'attività di Agostino di Giovanni
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Agostino di Giovanni e Agnolo Ventura, Cenotafio di Guido Tarlati, particolare della formella di Caprese Michelangelo. Arezzo, Cattedrale di San Donato [5]
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Piero della Francesca | Over de verstilde vrouwen van Piero
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