Le rovine dell'Eremo Eremo Lazzaretti, Torre Giurisdavidica.
La torre fu scelto da Davide Lazzaretti come centro della comunità giurisdavidica da lui fondata. Vi restano le rovine degli edifici innalzati tra il 1869 ed il 1875, in particolare la torre a pianta circolare, l'eremo e la chiesa.
Il profeta dell'Amiata David Lazzaretti nacque ad Arcidosso il 06 novembre 1834 e vi morì, ucciso, il 18 agosto 1878.
La repressione
L'attività di Lazzaretti e della sua comunità mise in allarme sia la Chiesa cattolica che lo Stato italiano: nel marzo 1878 la Chiesa cattolica, per mano del Sant'Uffizio, lo condannò come eretico, lo scomunicò e mise all'Indice i suoi scritti; ma egli proseguì la sua attività e si proclamò "Cristo Duce e Giudice", affermando di essere venuto a completare la rivelazione cristiana, in una forma di autoesaltazione non insolita nei predicatori inclini ad esigenze mistiche e ad attese religiose.
La mattina del 18 agosto 1878, pochi mesi dopo la morte di Pio IX e l'ascesa al papato di Leone XIII, egli guidò una processione che dal Monte Labbro, ribattezzato monte Labaro, scese verso Arcidosso. Ad attenderli vi era però una pattuglia di carabinieri e un militare sulla cui presenza si nutrono tuttora perplessità mai chiarite[2]. Fu proprio questo militare, un certo Pellegrini, che colpì a morte David. Altri spari furono diretti sulla processione inerme, facendo tre morti e circa quaranta feriti.
Morente, fu trasportato prima in località Croce di Cansacchi, fuori dal paese, dove i suoi seguaci lo fecero visitare da un medico, dovuto venire da Santa Fiora, poiché i medici di Arcidosso non vollero visitarlo; fu poi trasportato alle Bagnore, un villaggio nei pressi di Santa Fiora, dove morì.
Il suo cadavere fu sepolto a Santa Fiora in terra sconsacrata, ma venne poco dopo prelevato dall'antropologo Cesare Lombroso, il fondatore dell'antropologia criminale, che aveva ottenuto le sue spoglie per i propri studi, volti a ricercare nel Lazzaretti l'origine organica di una follia criminale. Ciò che rimane di quel corteo variopinto (bandiere, labari, gonfaloni, vesti, tuniche) che Lazzaretti predispose per un ingresso in Arcidosso, fu, unitamente ad altri reperti, conservato per circa un secolo nel lascito che Cesare Lombroso aveva destinato al Museo di antropologia criminale di Torino, e trasferito, successivamente, almeno in parte, nel Centro studi David Lazzaretti di Arcidosso.
Il 24 ottobre del 1879 si tenne a Siena il processo contro ventitré seguaci di Lazzaretti arrestati dopo l'eccidio e imputati di «attentato contro la sicurezza interna dello Stato, per aver commessi atti esecutivi diretti a rovesciare il Governo e a mutarne la forma, nonché a muovere la guerra civile e a portare la devastazione e il saccheggio in un Comune dello Stato», ma furono tutti assolti.
Dopo la morte di Lazzaretti, i suoi adepti si dispersero in gran parte, ma alcuni continuarono a perpetuare la predicazione e l'utopia socialista e religiosa del fondatore. Ne restano alcune decine nella zona del Monte Amiata e in Maremma, dove sussistono ancora i resti di alcune costruzioni della primitiva comunità giurisdavidica tra le frazioni delle Macchie, dove aveva fatto costruire due scuole, e della Zancona, dove è conservato l'archivio dei seguaci. L'ultimo sacerdote giurisdavidico, Turpino Chiappini, è deceduto nel 2002.[2]
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