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L'Altare Piccolomini è un complesso architettonico e scultoreo nella navata sinistra del Duomo di Siena, voluto dal cardinale Francesco Todeschini Piccolomini. Fu costruito tra il 1481 e il 1485 da Andrea Bregno in marmo di Carrara e decorato nei decenni successivi. Spicca l'intervento di Michelangelo che vi scolpì con aiuti, tra il 1501 e il 1504, quattro statue per le nicchie.
Se si considera che a rendere interamente perfetto il nostro complesso mancano ab origine undici statue (a una delle quali, in verità, supplisce oggi la Madonna trecentesca di Giovanni di Cecco ricoverata alla meno peggio entro la nicchia centrale dell'attico), diventa facile intuire a quale formidabile mostra di magnificenza mecenatesca, di magistero artistico, d'emulazionc antiquaria e di sfarzo liturgico mirasse Francesco Tedeschini (o Todeschini) Piccolomini, cardinale arcivescovo di Siena per quasi mezzo secolo (l 460 - 1503), e papa Pio III per neppure un mese (settembre-ottobre 1503)[2]
lconografìa delle statue di Bregno, Torrigiani e Michelangelo
Il cardinale Francesco Todeschini Piccolomini, poi papa Pio III, intendeva costruire un monumentale altare per dedicare una grandiosa opera artistica allo zio papa Pio II, per celebrare contemporaneamente la presenza politica e culturale della famiglia Piccolomini a Siena e per allestire un sito sepolcrale per se stesso (in realtà il Todeschini Piccolomini fu sepolto in Vaticano in seguito alla sua elezione a pontefice).[1] Il cardinale fece costruire l'altare ad Andrea Bregno, che vi lavorò dal 1481 al 1485, firmandosi "Opus Andreae Mediolanensis MCCCCLXXXV" sotto il nicchione centrale dell'attico dove oggi è collocata la Madonna col Bambino.[1]
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Altare Piccolomini nella navata sinistra del Duomo di Siena, a sinistra San Francesco di Pietro Torrigiani, al centro la Madonna col Bambino di Giovanni di Cecco, (1371) [2]
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Andrea Bregno però mancò di realizzare la pala d'altare marmorea che doveva fare da cornice al dipinto della Madonna dell'Umiltà di Paolo di Giovanni Fei (1390 circa) e le 14 statue a tutto tondo che dovevano andare a riempire le varie nicchie e gli spazi sopra l'attico. Il progetto originario prevedeva infatti anche queste parti, ma intorno al 1486 l'artista, ormai sessantottenne, ebbe un tracollo fisico e forse anche una crisi d'ispirazione artistica. L'artista tornò quindi a Roma lasciando l'altare incompiuto. Solo aiuti della sua bottega lavorarono ancora alla pala d'altare marmorea da porre al centro, per racchiudere il dipinto della Madonna dell'umiltà.
Il cardinale Francesco Todeschini Piccolomini si mise quindi alla ricerca di scultori che potessero realizzare le 14 statue e affidò infine l'impresa a Pietro Torrigiani (1488-1489).[1] Ma di lui resta solo il San Francesco che si trova in alto a sinistra. Il rapporto tra il Torrigiani e il cardinale si interruppe per motivi non del tutto chiari, che costrinsero comunque il cardinale a cercare un altro artista.
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La porta del Perdono del Duomo di Siena, con una copia della Madonna di Donatello [2]
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Il 19 giugno 1501, tramite l'intercessione del banchiere Jacopo Galli, venne stipulato un contratto con il giovane Michelangelo Buonarroti, reduce dal clamoroso successo del suo primo soggiorno romano, in cui aveva scolpito la folgorante Pietà vaticana.[1] Appena Michelangelo si mise al lavoro cominciarono a piovere su di lui altre offerte ambiziose, prima fra le quali quella di scolpire il gigantesco David fiorentino, che rendevano l'impresa senese ormai troppo stretta per la fama che l'artista andava conquistando. L'artista cominciò a ritenere l'impresa senese secondaria e a lavorarci solo saltuariamente. Nel 1503 il cardinale fu eletto papa, ma morì dopo soli 26 giorni. I suoi eredi convinsero Michelangelo, su stipula di un nuovo contratto datato 11 ottobre 1504, a consegnare le statue e così l'altare si arricchì delle quattro statue che si trovano entro le nicchie laterali in basso, realizzate con l'ampio impiego di aiuti. Nonostante le ripetute richieste dei Piccolomini non furono consegnate le altre sculture previste, finché l'arcivescovo di Siena Francesco Bandini Piccolomini annullò il contratto negli anni trenta del Cinquecento, sollevando l'artista da preoccupazioni morali ed economiche, legate ad eventuali penali per risarcimento danni e al rimborso dei pagamenti già avuti. Da allora i Piccolomini cessarono di interessarsi all'altare, che rimase quindi per sempre incompiuto.
Alla fine del Settecento fu collocata nella nicchia centrale dell'attico la statua con la Madonna col Bambino, ritenuta fino ad anni recenti opera giovanile di Jacopo della Quercia e restituita dalla critica a Giovanni di Cecco (1371).[1] La statua proveniva dall'altare di San Tommaso d'Aquino e, prima di allora, da quello di San Jacopo Interciso, entrambi in Duomo.
Descrizione
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Andrea Bregno, Altare Piccolomini (particolare) nella navata sinistra del Duomo di Siena [2]
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La struttura architettonica dell'altare si ispira a quello realizzato dal Bregno in Santa Maria del Popolo a Roma, con un nicchione, contenente l'altare vero e proprio contornato da un arco di trionfo. La decorazione a bassorilievo è piena di infiniti motivi quali festoni, girali, canestre di frutta, vasi, cornucopie, palmette, candelabri, fiaccole, teste alate, delfini, tridenti scudi, tabelle, nastri, ecc. I motivi a mezza luna, riferimento allo stemma dei Piccolomini, sono innumerevoli. La cura della decorazione decresce con l'altezza, ma le parti più basse sono di alta qualità.
Ai lati, sopra gli stemmi dei committenti, si trova un doppio registro composto da nicchie inquadrate da lesene, dove si trovano le statue. Altre due nicchie analoghe si trovano nel coronamento (o attico), con al centro una nicchia timpanata più grande, dove si trova la statua della Madonna col Bambino di Giovanni di Cecco, più antica dell'altare (1371). In origine le statue dovevano essere ben quattordici e riportate tutti i santi cari al committente, alla famiglia dei Piccolomini e a Siena intera: sei nelle nicchie laterali appena descritte, tre nella nicchia centrale dove oggi si trova la sola Madonna col Bambino, due sui piedistalli laterali al di sopra dell'attico e tre sui tre piedistalli sopra il timpano dell'attico. Le vicissitudini descritte sopra impedirono tuttavia all'opera di essere completata.
Le statue rimanenti sono, a sinistra dal basso:
San Pietro di Michelangelo
Sant'Agostino di Michelangelo (fino a pochi anni fa ritenuta raffigurare San Pio)[1]
San Francesco di Pietro Torrigiani, probabilmente ritoccata da Michelangelo
A destra, sempre dal basso:
San Paolo di Michelangelo
San Gregorio di Michelangelo
L'ultima nicchia è vuota
La pala d'altare dipinta, dedicata alla Vergine Maria, è opera di Paolo di Giovanni Fei (1390 circa). Meno attenzione ha ricevuto dalla critica l'altare marmoreo che incornicia il dipinto tardotrecentesco, soprattutto perché ritenuta opera di bottega di Andrea Bregno.
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Michelangelo Buonarroti, San Paolo, (il primo autoritratto di Michelangelo),
Altare Piccolomini, navata sinistra del Duomo di Siena [2]
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Michelangelo
Le statue che dovevano completare l'altare nella cappella dei Piccolomini nel Duomo dovevano essere in tutto quindici e vennero commissionate a Michelangelo nel 1501 dopo che l'artista precedentemente designato, Pietro Torrigiani, aveva lasciato l'incarico scolpendo una sola statua. Michelangelo lavorò alle statue da Firenze, inviandone all'incirca una all'anno, con un massiccio impiego di aiuti, fino al 1504, ma poi l'impresa senese dovette non soddisfare più le sue ambizioni, essendo ormai lanciato sulla strada della fama e verso progetti di ben maggiore portata, come il David che stava scolpendo proprio in quegli anni.
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Michelangelo, San Gregorio, 1501-04
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Michelangelo, San Paolo |
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Michelangelo, San Pietro |
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Il Museo dell'Opera della Metropolitana, conosciuto anche come Museo dell'Opera del Duomo di Siena,
si trova a fianco della cattedrale.
Museum – Siena Opera della Metropolitana
Piazza Duomo, 8
53100 Siena Tel. +39 (0)577/283048
operaduomo@operaduomo.siena.it
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Il Duomo Nuovo e il Facciatone visto dal basso (Siena) |
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Visto al Duomo Nuovo e il Facciatone
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La Piazza Jacopo della Quercia, veduta dal facciatone del Duomo
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Portale della Libreria Piccolomini del Marrina, Siena Duomo
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Libreria Piccolomini, affrescata da Pinturicchio
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Cripta del Duomo
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Bibliografia
- Toscana. Guida d'Italia (Guida rossa), Touring Club Italiano, Milano 2003.
- Francesco Caglioti, in Le sculture del duomo di Siena, Silvana Editoriale, Milano, 2009, pp. 174–181.
- Umberto Baldini, Michelangelo scultore, Rizzoli, Milano, 1973.
- Enzo Carli, Il Duomo di Siena e il Museo dell'Opera, Firenze, Scala, 1999.
- Marta Alvarez Gonzáles, Michelangelo, Mondadori Arte, Milano 2007.
- Pio II e le arti | La riscoperta dell'antico da Federighi a Michelangelo, a cura di Alessandro Angelini, © 2005 Banca Monte dei l'aschi di Siena Spa, Silvana, 2006 (Testi di: Alessandro Angelini, Gabriele Fattorini, Monika Butzek, Marilena Caciorgna, Fabrizio Nevola, Mauro Mussolin, Laura Martini, Cecilia Alessi e Francesco Caglioti.). ISBN-10 8882159906 - ISBN-13 : 978-8882159900
[0] Foto di Miguel Hermoso Cuesta, licenziato in base ai termini della licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International.
[1] Francesco Caglioti, in Le sculture del duomo di Siena, Silvana Editoriale, 2009, pp. 174-181
[2] Foto di Sailko, licenziato in base ai termini della licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo 3.0 Unported
[3] Foto di Miguel Hermoso Cuesta, licenziato in base ai termini della licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International.
[4] Francesco Caglioti, La Cappella Piccolomini nel Duomo di Siena, da Andrea Bregno a Michelangelo, in Pio II e le arti | La riscoperta dell'antico da Federighi a Michelangelo, a cura di Alessandro Angelini, © 2005 Banca Monte dei l'aschi di Siena Spa, Silvana, 2006
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