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Art in Tuscany

N L Duccio di Boninsegna, Maestà del Louvre, 1280 circa, tempera su tavola, 424 × 276 cm, Louvre, Parigi [1]


Toacana ] Galleria di immagini  
     
   


Duccio di Buoninsegna, Maestà del Louvre (1280 circa), storia e datazione

   
   

La Maestà del Louvre è un'opera a tempera e oro su tavola di Cimabue, databile attorno al 1289 e conservata al Louvre di Parigi.
Il dipinto, che si trovava nella chiesa di San Francesco a Pisa (dove lo videro Antonio Billi, l'Anonimo Magliabechiano e Giorgio Vasari), venne trasportato a Parigi nel 1812, durante l'occupazione napoleonica da Jean Baptiste Henraux, su interessamento diretto dell'allora direttore del Museo Napoleone, particolarmente desideroso di implementare le raccolte di pittura "primitiva" italiana. Fu oggetto delle spoliazioni napoleoniche. Dal 1814 fu esposta al Louvre. Dopo le restituzioni la grande tavola fece parte di quei circa 250 dipinti che rimasero in Francia.

Fu restaurata nel XIX secolo, mediante un intervento assai criticato che avrebbe portato ad una pulitura eccessiva del colore. Un'ulteriore restauro fu compiuto nel 1937-1938.

La tavola fu ascritta a Cimabue, con maggiori o minori interventi di bottega, dalla maggior parte dei critici sin dall'Ottocento. Tra questi ci sono Wackernagel, Strzygowski, Sirén, Battisti, Nicholson, Gardner, Smart, Ayer, Thode, Frey, Adolfo Venturi, Berenson, Salmi, Toesca, Garrison, Lazarev, White, Sinibaldi, Ragghianti, Samek Ludovici, Salvini, Caleca e Bellosi. Propesero per una datazione giovanile Longhi, Volpe, Marcucci, Bologna. L'attribuirono a un seguace Aubert e Van Marle. Negarono del tutto l'autografia Da Morrona, Douglas, Suida, Soulier e Sindona (alcuni di essi però la videro prima del restauro del 1937-38, e in un periodo in cui non erano ancora stati chiariti i confini attributivi con Duccio e la sua cimabuesca Madonna Rucellai). Battista, che la ipotizzava realizzata quando Cimabue era a Pisa per i mosaici del Duomo, pensò a un'opera avviata dal maestro e conclusa, con qualche travisamento, da altri pittori.


Giraudon — Louvre. G. Cimabue. Vierge aux anges. Tète de la Vierge, aristotipo [Cimabue, Maestà del Louvre, 1280 circa, tempera su tavola, Louvre, Parigi]

Giraudon — Louvre. G. Cimabue. Vierge aux anges. Tète de la Vierge, aristotipo [Cimabue, Maestà del Louvre, 1280 circa, tempera su tavola, Louvre, Parigi] [2]


Datazione

La Maestà è collocata temporalmente intorno al 1280[4]. Al fine di datare la tavola si sono confrontati soprattutto il volto di Maria con quelli delle simili Maestà, delle tavole con la Madonna e il Bambino e dei crocifissi (in quest'ultimo caso Maria è raffigurata dolente sulla sinistra della croce)[4]. Il volto di Maria in questa Maestà non ha più quella spaccatura profonda, a forma di cuneo, nel punto in cui il sopracciglio incontra la radice del naso, che è considerato un tratto bizantino arcaicizzante e che troviamo nella Vergine dolente sia del Crocifisso di San Domenico ad Arezzo (1270 circa) che del Crocifisso di Santa Croce (di poco anteriore al 1280). È scomparsa anche la linea bianca sopra il labbro superiore che produce un "effetto di sdoppiamento" e che ancora troviamo nelle due precedenti opere. Il caratteristico solco che parte dall'angolo dell'occhio e che attraversa tutta la guancia che Cimabue ha ereditato dal crocifisso bolognese di San Domenico di Giunta Pisano, è ben visibile nel crocifisso aretino di San Domenico, accennato in quello di Santa Croce e qui del tutto assente. Questi confronti collocano la Maestà del Louvre dopo queste due opere e quindi al 1280 o oltre.

Molti tratti bizantini però permangono. La canna del naso ha contorni netti su due lati contribuendo a squadrarla, come invece non avverrà nella Maestà di Santa Trinita (1290-1300 circa). Il trono è in tralice e non ha quella visione frontale con i fianchi aperti come fossero le pagine di un libro che Cimabue e i suoi allievi introdurranno solo dopo il 1290 (si veda a tal proposito ancora la Maestà di Santa Trinita). Le pieghe del manto sopra la testa sono curve. Nella Maestà di Assisi (1288 circa) e nella Maestà di Santa Trinita (1290-1300 circa) cadono invece in maniera verticale, più libera e realistica. Anche la narice, che dal soggiorno assisiate in poi (1288-1292 circa) sarà dipinta come un'incisione nella pinna laterale del naso, è qui dipinta come un semplice ispessimento scuro, alla maniera antica. Il volto di Maria è serioso e non ha nulla della distensione che Cimabue imprimerà alle figure mariane della Maestà di Santa Maria dei Servi a Bologna (1281-1285 circa), della Maestà di Assisi (1288 circa) e della Maestà di Santa Trinita (1290-1300). Questi confronti permettono di pre-datare la Maestà del Louvre rispetto a tutte queste opere.

Una datazione intorno al 1280 sembra quindi la più ragionevole.

 

Giraudon — Louvre. G. Cimabue. Vierge aux anges. Tète de la Vierge, aristotipo [Cimabue, Maestà del Louvre, 1280 circa, tempera su tavola, Louvre, Parigi] [3]


   
   

Furti napoleonici


I furti napoleonici[5][6], o più correttamente “spoliazioni napoleoniche”[7][8], furono una serie di sottrazioni di beni, in particolare opere d'arte (ed in genere di opere preziose), attuate dall'esercito francese (o da funzionari napoleonici) nei territori del Primo Impero francese, quali la penisola italiana, la Spagna, il Portogallo, i Paesi Bassi e il Belgio, l'Europa centrale. Le spoliazioni vennero costantemente perpetrate nell'arco di venti anni, dal 1797 fino al Congresso di Vienna nel 1815. Secondo lo storico Paul Wescher, le spoliazioni napoleoniche rappresentarono "il più grande spostamento di opere d'arte della storia", che provocò anche diversi danni in quanto "è difficile stabilire con esattezza quante opere d'arte di valore unico andarono distrutte o disperse in quei giorni".[9]

Durante il Congresso di Vienna, Austria, Spagna, stati tedeschi e Inghilterra ordinarono l'immediata restituzione di tutte le opere sottratte "senza alcun negoziato diplomatico" sostenendo come "la spoliazione sistematica di opere d'arte è contraria ai principi di giustizia e alle regole della guerra moderna". Venne in fine affermato il principio di come non ci potesse essere alcun diritto di conquista che permettesse alla Francia di detenere il frutto di spoliazioni militari e che tutte le opere d'arte dovessero essere restituite.[10]

Secondo la storica Mackay Quynn[11], gli stati europei, ma specilamente quelli italiani separati dalle Alpi dalla Francia, si trovarono davanti ad elevatissimi costi di trasporto e all'ostinata resistenza dell'amministrazione francese.

Per la Lombardia e il Veneto, che erano sotto gli Asburgo d'Austria, il governo di Vienna negoziò ma non richiese le opere d'arte portate via dalle chiese, come l'Incoronazione di spine è di Tiziano, commissionata per la chiesa di Santa Maria delle Grazie a Milano, che non fu restituita perché non fu richiesta ufficialmente al Governo francese. Il governo toscano, sotto gli Asburgo-Lorena, non richiese i capolavori sottratti alle chiese sostenendo che sarebbero serviti a pubblicizzare la grandiosità dell'arte toscana, lasciando così in Francia capolavori assoluti quali le stigmate di San Francesco di Giotto, la Maestà di Cimabue o L'Incoronazione della Vergine del Beato Angelico [8].



Maestà del Louvre, dettaglio del volto della Vergine   Maestà del Louvre, dettaglio del Bambino   Maestà del Louvre, dettaglio dell'Angelo e del trono

Maestà del Louvre, dettaglio del volto della Vergine

 

Maestà del Louvre, dettaglio del Bambino

 

 

Maestà del Louvre, dettaglio dell'Angelo e del trono

 
   

Louvre | La Vierge et l'Enfant en majesté entourés de siix anges

Mauro Carboni, La spoliazione napoleonica

Maria Antonietta Macciocchi, Napoleone lo scippo d'Italia, in Corriere della Sera, 6 maggio 1996.

Ernesto Ferrero, Napoleone, il furto è l'anima del museo, in La Stampa, 11 agosto 2009.

Paolo Granzotto, Napoleone, grande razziatore di ori e opere d'arte, Il Giornale, 2006

 

 

Bibliografia

Stefano Zuffi, Il Quattrocento, Electa, Milano 2004. ISBN 8837023154

Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 1, Bompiani, Milano 1999.

Eugenio Battisti, Cimabue, Milano, Istituto Editoriale Italiano, 1963.

Enio Sindona, Cimabue e il momento figurativo pregiottesco, Rizzoli Editore, Milano, 1975. ISBN non esistente

Luciano Bellosi, Cimabue, Milano, Federico Motta Editore, 2004. ISBN 88-7179-452-4



[1] Quest'opera è nel pubblico dominio. Fonte:Brogi — Firenze. Galleria Uffizi. La Vergine col Figlio, Angioli e Profeti. (Par.re). Cimabue — particolare. © Copyright 2016 Fondazione Zeri, licenziato in base ai termini della licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International. Fonte: catalogo.fondazionezeri.unibo.it (Cenni di Pepo, Madonna con Bambino in trono e angeli, Profeti).
[2] Fonte: Fototeca Zeri, Giraudon — Louvre. G. Cimabue. Vierge aux anges. Tète de la Vierge, licenziato in base ai termini della licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International. Fonte: catalogo.fondazionezeri.unibo.it
[3] Fonte: Fototeca Zeri, Giraudon — Louvre. G. Cimabue. Vierge aux anges. Tète de l'Enfant, licenziato in base ai termini della licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International. Fonte: catalogo.fondazionezeri.unibo.it
[4] Autori di Wikipedia. Furti napoleonici [Internet]. Wikipedia, L'enciclopedia libera; 2021 marzo 28, 08:53 UTC. Disponibile su: Furti napoleonici.
[5] Paul Wescher, I furti d'arte. Napoleone e la nascita del Louvre, Einaudi, Torino, 1988
[6] Marco Albera, I furti d'arte. Napoleone e la nascita del Louvre, Cristianità n. 261-262, 1997
[7] Mauro Carboni, La spoliazione napoleonica Archiviato il 29 ottobre 2013 in Internet Archive.
[8] B. Cleri, C. Giardini, L'arte conquistata: spoliazioni napoleoniche dalle chiese della legazione di Urbino e Pesaro, Artioli, 2010 ISBN 978-8877920881
[9] L’ENORME RAZZIA DI OPERE D’ARTE FATTA IN ITALIA DA FRANCIA NAPOLEONICA E GERMANIA NAZISTA. PRIMA DI DAR LEZIONI DI EUROPEISMO RESTITUISCANO QUELLE MERAVIGLIE CHE RACCHIUDONO LA NOSTRA IDENTITA’, su Lo Straniero, 25 novembre 2018. URL consultato il 9 febbraio 2019.
[10] (EN) Hui Zhong, China, Cultural Heritage, and International Law, Routledge, 27 novembre 2017, ISBN 978-1-351-60569-4. URL consultato il 19 maggio 2020.
[11] Dorothy Mackay Quynn, The Art Confiscations of the Napoleonic Wars, in The American Historical Review, vol. 50, n. 3, 1945, pp. 437–460, DOI:10.2307/1843116. URL consultato il 26 aprile 2019.

 

 

Questo articolo è basato parzialmente sull'articolo Maestà del Louvre dell' enciclopedia Wikipedia ed è rilasciato sotto i termini della GNU Free Documentation License.