La cosiddetta Camera del Podestà (Museo Civico, San Gimignano) è affrescata dagli Esiti positivi e negativi dell'iniziazione amorosa di un giovane, curiosa opera di Memmo di Filippuccio databile ai primi anni del Trecento.
Il singolare stile del pittore, identificato dal noto studioso Roberto Longhi col senese Memmo di Filippuccio, aveva stimolato la curiosità degli studiosi fin dalla scoperta degli affreschi. Memmo, probabilmente formatosi nel cantiere pittorico della basilica superiore di Assisi, presso la quale era attivo anche Giotto, fra il 1303 e il 1317 ricoprì a San Gimignano il ruolo di pittore civico. A lui veniva infatti commissionata la decorazione dei gonfaloni e delle cassette per le elezioni, ma anche la realizzazione di affreschi per i vari edifici sacri e civili della città. Si inaugurava così quella sorta di monopolio familiare che, successivamente, vedrà protagonisti della scena artistica sangimignanese proprio i figli di Memmo, Lippo e Tederigo: a loro si deve il “Ciclo del Nuovo Testamento” nella Collegiata di Santa Maria Assunta, tradizionalmente attribuito all’ipotetico pittore Barna da Siena, e la grande “Maestà” della sala del Consiglio del Palazzo Comunale, esemplata sul modello senese forse anche grazie all’influenza del genero di Memmo, il celebre Simone Martini.[2]
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