La fama del Brunello deve molto alla famiglia Biondi Santi. La storia inizia da un farmacista, un certo Clemente Santi, che più della medicina poté seguire la vigna e poi il vino. Dal matrimonio di Jacopo Biondi e Caterina Santi, la figlia di Clemente Santi, nacque Ferruccio. Ferruccio Biondi Santi diede vita al primo vigneto di Montalcino unicamente piantato con viti di un clone selezionato di Sangiovese, il Brunello.
Brunello di Montalcino
Fino alla seconda metà dell'Ottocento il vino più conosciuto ed apprezzato della zona era un vino bianco dolce, il Moscadello di Montalcino. Clemente Santi, un farmacista e rinomato autore nel campo delle scienze naturali, iniziò a sperimentare verso la metà dell'Ottocento la produzione di un vino rosso. Presentò alla "Esposizione dei prodotti naturali e industriali della Toscana" in Firenze due bottiglie di "vino rosso puro 1852".[2]° La prima citazione scritta di un vino chiamato Brunello tuttavia avvenne nel 1869, quando Clemente Santi vinse due medaglie d'argento per il suo “vino rosso scelto (Brunello) del 1865” alla Fiera Agricola di Montepulciano.[2] Seguendo l'esempio di Santi altre famiglie locali iniziarono a produrre Brunello. Nel 1893 il Ministero dell'Agricoltura premia un vino di Raffaello Padelletti e all'inizio del Novecento il Brunello di Riccardo Paccagnini vince molti riconoscimenti sia nazionali (Esposizione Franco Italiana di Roma nel 1910), sia internazionali (Grand Prix per il Brunello 1894 e Medaille d'Or per uno del 1899). Il professor Martini della Scuola di Viticoltura e Enologia di Conegliano Veneto, nel 1885, in una conferenza su "La ricchezza avvenire della provincia senese", mette in evidenza che il Senese "è ormai conosciuto su tutti i mercati vinicoli nazionali ed anche nei principali esteri, per vari tipi di vino tra cui il Brunello di Montalcino".[1] Il nipote Ferruccio Biondi Santi ereditò da Clemente Santi la tenuta nel 1885 e la sua passione per la viticultura e l'enologia prese forma in lunghi anni di collaborazione con il nonno, dopo aver combattuto, solo diciassettenne, da Garibaldino nella battaglia di Bezzecca del 1866.[2] Il suo ruolo e la sua importanza per lo sviluppo del nuovo vino fu tale che nel 1932 il Ministero dell'Agricoltura scrisse un dettagliato rapporto sulla viticultura toscana dove dichiarò che il vino Brunello era “una recente creazione del Dott. Ferruccio Biondi Santi di Montalcino.”[2]
Tuttavia il Brunello rimase per molti anni un vino conosciuto ed apprezzato ma prodotto in quantità molto limitate. Nell'edizione del 1902 della "Guida vinicola della Toscana" di Edoardo Ottavi e Arturo Merescalchi vengono citati solo tre produttori di Brunello: Ferruccio Biondi Santi, Raffaello e Carlo Padelletti.[2]
Le vicissitudini dell'inizio del XX secolo portarono ad un decadimento della produzione vitienologica e pochissimi produttori tennero viva la produzione montalcinese fra le due guerre. Il Brunello di Montalcino fu presentato da alcune aziende alla Mostra dei Vini Tipici Senesi tenutesi a Siena nel 1932, 1933 e 1935. Dopo la seconda guerra mondiale si iniziò nuovamente a pensare alla produzione vitivinicola e alcuni ebbero la lungimiranza di proiettarsi nel futuro, accordandosi sulle regole di produzione del Brunello di Montalcino.[1] Dopo il 1950 la fama del Brunello di Montalcino si estese prima in Italia e poi all'estero.
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