L'Abbazia di San Pancrazio al Fango
L'abbazia di San Pancrazio al Fango si trova ai confini del territorio comunale di Grosseto con quello di Castiglione della Pescaia, nel cuore della Riserva naturale Diaccia Botrona. L'edificio religioso è situato nei pressi dei Ponti di Badia, in località "Isola Clodia", originariamente un'isola dell'antico lago Prile. Da tempo si trova in stato di abbandono.
Descrizione
L'abbazia di San Pancrazio al Fango si presenta sotto forma di ruderi, sopravvissuti al lunghissimo periodo di abbandono causato dal dilagare della malaria.
Attualmente, si conservano parzialmente i fianchi e la base semicircolare dell'abside e, dall'analisi dei resti, la chiesa doveva presentarsi a navata unica con transetto. Le strutture murarie si presentano prevalentemente in filaretto di arenaria, con alcuni conci di travertino collocati in alcuni punti a formare una sorta di cordone.
I resti dell'antica villa romana sono stati parzialmente inglobati nell'abbazia e parzialmente ricoperti dal terreno; attraverso foto aeree è possibile osservarne una traccia di alcuni settori. Tuttavia, il luogo ha riportato alla luce numerosi reperti di epoca romana, attualmente custoditi presso alcuni complessi museali.
Isola Clodia
La piccola collina, nota oggi con il nome di isola Clodia, era originariamente un isolotto emergente dalle acque del lago Prile. L’isola viene per la prima volta citata da Cicerone nell’orazione Pro Milone: qui l’oratore assume la difesa di Milone, tribuno della plebe e genero di Silla, accusato di aver ucciso nel 53 a.C. il collega Clodio, acceso contestatore dell’oligarchia repubblicana romana. Nell’appassionata invettiva, tra i misfatti di Clodio, Cicerone ricorda quello di aver costruito una villa nell’isoletta sul lago Prile occupando abusivamente la proprietà privata del cavaliere Paconio.
Da questa testimonianza risulta che nel I secolo a.C. il lago Prile era un luogo ameno, ambito dai personaggi in vista della vicina Roma.
Nei documenti altomedievali, invece, la località viene accompagnata dal toponimo lutum (fango), e tale appellativo caratterizzerà in seguito il nome di quest’area, dove sarà costruita l’abbazia di San Pancrazio al Fango, attestata a partire dal XII secolo.
Alla fine del Seicento l'isolotto, divenuto ormai una penisola a causa dell'impaludamento, ospita la sede di un importante centro ittico, da dove veniva commercializzato il pesce pescato in mare. La collina, in seguito al prosciugamento del lago, si trasformò in un’altura di modeste proporzioni che oggi si erge isolata sulla pianura circostante.
Nulla è più visibile della villa romana poiché obliterata dall’abbazia, della quale, oggi, restano solo i ruderi.[2]
Come arrivare
I ruderi dell’abbazia si raggiungono lasciando la ‘Strada Provinciale del Padule’ in località ‘Ponti di Badia’, per la via sterrata che attraversa il Canale Allacciante ed il fiume Bruna.
Coordinate: 42°46'49"N 10°56'57"E
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